Nelle bottiglie l’anima del vino una sera cantava:
“Dentro a questa mia prigione di vetro e sotto i rossi suggelli, verso te sospingo, o caro diseredato, o Uomo, un canto pieno di luce e di fraternità.
So bene quanta pena, sudore, e quanto sole cocente, sopra la collina in fiamme, son necessari per donarmi vita ed infondermi l’anima.
Ma ingrato non sarò, né malefico, ché provo immensa gioia quando nella gola cado d’un uomo usato dal lavoro: il suo petto per me è una dolce tomba e mi ci trovo meglio che nel freddo delle cantine.
Odi risuonare i ritornelli delle tue domeniche e la speranza che bisbiglia dentro al mio seno che palpita?
Coi gomiti sopra il tavolo mentre ti rimbocchi le maniche, mi vanterai e contento sarai: della tua donna affascinata accenderò lo sguardo; robustezza ridarò a tuo figlio e i suoi colori, e sarò per codesto esile atleta della vita, l’unguento che rafforza i muscoli dei lottatori. In te cadrò, ambrosia vegetale, grano prezioso, sparso dal Seminatore eterno, perché poi dal nostro amore nasca la poesia che a Dio rivolta spunterà in boccio come un raro fiore.”
da “I fiori del male” CHARLES BAUDELAIRE
(Parigi, 1821 – 1867)